• Sep 3 2025 - 11:03
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L’impegno degli Ayatollah e degli Shaykh per riunificare la comunità islamica

Sunniti e Sciiti: Dialogo per l’Unità

Come sapienti sunniti e sciiti contemporanei si sono impegnati per unificare la comunità islamica

Mahmud Shaltut, teologo e studioso egiziano rinomato per il suo spirito intraprendente e la sua propensione al dialogo, fu Grande Imam della moschea di al-Azhar (dal 1958 al 1963), la cui università, fondata dai Califfi Fatimidi sciiti-ismailiti nel X secolo, rappresenta una delle sedi più importanti dell’elaborazione e dell’insegnamento del credo sunnita.

Sayyed Husayn Taba’taba’i Borujerdi, tra i più importanti teologi e giuristi iraniani e sciiti, fu Grande Ayatollah e Marja’ al-Taqlid, ovvero colui che gode della maggior autorevolezza per dottrina e capacità esegetica di interpretazione del Corano e delle tradizioni islamiche, che diede nuova linfa alla hawza (seminario religioso) di Qom. Fu inoltre il primo Marja’ a non limitare il suo interesse ai soli Iraq e Iran, inviando studiosi in Germania, Pakistan, Arabia e Libano, intraprendendo inoltre uno scambio di lettere proprio col Grande Imam di al-Azhar, Mahdmud Shaltut, insieme al quale istituì nel 1959 al Cairo la Casa per l’Avvicinamento delle Scuole Giuridico-Religiose Islamiche.

L’obiettivo comune era quello di valorizzare gli elementi condivisi tra le fedi Sunnita e Sciita in favore dell’unità della comunità islamica. Un simile sforzo, già di per sé encomiabile e rivoluzionario, acquisisce ancora più valore grazie alle grandi personalità che vi si sono dedicate, Shaltut e Borujerdi, entrambi rappresentanti forse la massima espressione, rispettivamente, del Sunnismo e dello Sciismo del proprio tempo. Un passo importante fu compiuto, nella direzione dell’unità islamica, da Shaykh Shaltut, il quale emise un celebre responso (fatwa) che, per la prima volta, accettava la scuola giuridica jafarita sciita come una delle scuole giuridico-religiose riconosciute dall’Islam.   

Altri e più antichi tentativi di riavvicinamento tra le due fedi furono compiuti da un altro importante studioso sciita, l’Ayatollah Sayyed Abd al-Husayn Sharaf al-Din al-Musawi, nato in Iraq nel 1872 da una famiglia libanese e attivo in modo non-violento contro il mandato francese in Libano, a tal punto che i francesi incoraggiarono un fallito attentato nei suoi confronti. Durante il suo periodo di formazione, Sayyed Sharaf al-Din si dedicò non solo agli studi sullo Sciismo, ma approfondì anche le dottrine Zaidita e Sunnita e nel 1913 ebbe modo di applicare le sue idee sull’unità musulmana visitando l’Egitto, ove incontrò Shaykh Salim al-Bishri, Imam della moschea di al-Azhar, col quale discusse ed intrattenne una lunga corrispondenza. Il risultato di questo rapporto fu la pubblicazione del libro al-Muraja’at, ricco di 112 lettere scambiate tra Sharaf al-Din e Salim al-Bishri, i cui argomenti vertevano sulla questione del Califfato sunnita e dell’Imamato sciita, criticando ed esaminando le argomentazioni delle due scuole di pensiero con riferimenti al Corano e a fonti attendibili di tradizioni sunnite. In nome dell’unità islamica, inoltre, Sharaf al-Din scelse di celebrare il compleanno del Profeta il 12 di Rabi’ al-Awal anziché il 17, come invece è tradizione sciita, così da poter festeggiare l’evento insieme ai suoi fratelli sunniti.    

Ma colui che più di ogni altro mise in pratica questi tentativi di riavvicinamento dei musulmani in favore dell’unità della comunità islamica fu l’Imam Ruhollah Khomeini, il padre della Rivoluzione islamica in Iran. Egli definì l’unità come un fattore di potenza e dignità per i musulmani, evidenziando come la discordia e la divisione non fossero altro che strumenti utilizzati dai nemici per indebolire la comunità islamica. Sottolineando il principio della “mano unica” (Yad Wahida), l’Imam invitò i musulmani alla collaborazione e alla solidarietà, sostenendo che solo attraverso l’unità si potesse resistere contro l’oppressione e l’arroganza delle potenze egemoniche.

L’Imam Khomeini considerava la liberazione della Palestina un dovere islamico per tutti i musulmani del mondo, e sottolineò come la questione palestinese riguardasse l’intero mondo islamico e non solo i Paesi arabi: “Né la Nazione musulmana iraniana, né alcun altro musulmano, né alcun individuo di mentalità aperta dovrà riconoscere Israele. Sosterremo sempre i nostri fratelli arabi e palestinesi”, ebbe a dire, presentando la Palestina come asse dell’unità musulmana, esortando tutti i musulmani a schierarsi dalla parte dei palestinesi: “Faccio appello a tutti i musulmani del mondo e ai governi islamici affinché si uniscano per tagliare le mani a questo usurpatore (Israele) e ai suoi sostenitori”, e: “Fate dell’Islam il vostro unico punto di riferimento. Solo disponendo di innumerevoli risorse materiali e, cosa ancora più importante, possedendo le risorse divine e spirituali insite nell’Islam, potrete diventare una potenza su cui le superpotenze non aspireranno mai a dominare e non sarete soggetti ad attacchi da sinistra e da destra in questo modo, né a saccheggiare tutto ciò che avete”.

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