L’attualità del martirio dell’Imam Husayn e dei suoi compagni
Perché ricordare ancora la tragedia di Karbala?
Perché il mondo ricorda ancora un fatto avvenuto 1400 anni fa? Qual è il suo significato attuale?

Innumerevoli tragedie, disastri e catastrofi, sia documentate che non documentate, hanno colpito il mondo fin dall'inizio dei tempi. La tragedia di Karbala è una di queste, ma la sua storia è la più straordinaria di tutte, perché sfida una legge di natura: la natura umana cerca la felicità e rifugge il dolore, fa di tutto per cancellare il ricordo della sofferenza e fa di tutto per custodire ricordi piacevoli. Nella tragedia di Karbala, un'inversione di questa legge è chiaramente evidente, giacché ancora, dopo quattordici secoli, il dolore suscitato da quell’evento è ancora vivo come se fosse accaduto solo ieri. Il tempo non è riuscito a scalfire il dolore per la tragedia di Karbala.
Karbala è la storia del sacrificio, e il significato di un sacrificio dipende dagli scopi per cui viene offerto. Se un sacrificio è motivato da scopi materiali, viene presto dimenticato, ma se viene invece offerto per scopi che trascendono gli incentivi materiali, esso è destinato a vivere per sempre. Gli scopi della vita del musulmano sono definiti nel Corano come segue: “[Dì]: La mia preghiera, il mio sacrificio, la mia vita e la mia morte, tutto è per Dio, che è il Signore di tutti i mondi e che non ha associati…” (Corano 6:162). L’Imam Husayn, il nipote minore di Muhammad, il Messaggero di Dio e Profeta dell'Islam, fu la figura centrale della tragedia di Karbala. La sua preghiera, il suo sacrificio, la sua vita e la sua morte, tutto fu per Dio, e solo per Dio. Egli offrì questo sacrificio per ottenere il compiacimento di Dio, e la sua sincerità e la sincerità di tutti i suoi compagni che offrirono la loro vita in sacrificio, piacquero a Dio a tal punto che Egli li rese tutti immortali.
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