Primo ciclo di dialogo italo-iraniano sulla famiglia
Famiglia, fulcro della società
Ha avuto luogo lunedì 31 marzo, presso la SSML San Domenico, il primo ciclo di dialogo tra esperti italiani e iraniani sul tema della famiglia.

Dal titolo “Famiglia, fulcro della società”, è stato ospitato dalla Scuola Superiore per Mediatori Linguistici San Domenico di Roma, questo 31 marzo, il primo ciclo di dialogo tra esperti italiani e iraniani sul tema della famiglia, i quali si sono confrontati sulle questioni contemporanee e sulle problematiche che ne minacciano l’integrità, ricercandone insieme le possibili soluzioni. L’evento ha visto la partecipazione di studiosi e professori italiani quali Giulia Bovassi, Elisabetta Frezza, Andrea Zhok, Daniele Trabucco e Adolfo Morganti, e iraniani quali Fahimeh Farhmand Pour, Maryam Ardebili, Sayyid Majid Emami, Sina Kalhor, Ali Faeznia, Abolfazl Emami Meybodi e Hanieh Tarkian. L’incontro, svoltosi dalle 10 alle 16:30, ha visto susseguirsi i preziosi interventi dei relatori, concludendosi con un dibattito circa gli argomenti e i temi trattati.
In particolare, la professoressa di Bioetica Giulia Bovassi ha fatto vertere il proprio intervento sull’idea aristotelica di famiglia come “società naturale”, minata dal “pensiero storico-filosofico di matrice illuminista, positivista, marxista, neo-marxista, post-strutturalista “che convinse l’uomo, la civiltà europea, a emanciparsi da ogni dipendenza di senso, sia essa metafisica o teologica, fuorché sé stesso e i prodotti del suo fare”, denunciando “l’eclissi di ogni teologia” e proponendo, con le parole di Madre Teresa di Calcutta, di ripartire dalla famiglia come nucleo di amore per portare la pace nel mondo.
Maryam Ardebili, docente universitaria e attivista per l’empowerment delle donne, ha ripercorso la sua carriera da attivista, denunciando il pericoloso aumento dei divorzi e di altri danni all’istituzione della famiglia, proponendo di considerare la famiglia non come un elemento separato della società, bensì come una sua componente dinamica e fondamentale interconnessa con tutti gli elementi del governo. “Questo implica una revisione di tutte le politiche, da quelle economiche a quelle educative, sanitarie, urbane, con una visione centrata sulla famiglia”.
L’intervento di Elisabetta Frezza, dottoressa di ricerca in Diritto processuale civile e responsabile scolastica dell’associazione ContiamoCi, ha incentrato il suo intervento sul rapporto tra la famiglia e la scuola, accusando quest’ultima di aver “cambiato fisionomia, fino a snaturare sé stessa, in omaggio a direttive esterne allo Stato ed estranee alla dialettica politica”, quali le “centrali di potere onusiane ed europee, che hanno dettato la linea ai governi di tutti i colori”. In particolare, l’Agenda 2030 rappresenta un pericolo in quanto alcune delle sue direttive “irrompono a gamba tesa nella sfera più intima e personale dei soggetti in via di formazione, per scombussolare il naturale processo di costruzione della loro personalità e identità individuale”, chiudendo l’intervento con una nota di speranza, definendo l’istituzione della famiglia come qualcosa di “insopprimibile”.
Il direttore dell’Istituto culturale iraniano, Sayyid Majid Emami, ha voluto riportare la prospettiva della Guida Suprema dell’Iran, l’Imam Khamenei, sulle origini culturali e di genere delle crisi odierne della famiglia, toccando diversi punti: la critica all’economia politica liberale e individualista, che considera il mercato come “l'unico fattore che determina la vita umana”, col conseguente “depotenziamento della famiglia rispetto all'individuo come attore economico”; la falsità del modello di “libertà femminile” occidentale che affascina e fuorvia le donne orientali; la negligenza nel riconoscere la natura storica e naturale del matrimonio, pienamente riconosciuta e rivendicata invece dall’Islam; la discriminazione tra uomo e donna, che ha portato all’indebolimento della famiglia, mentre, secondo l'Ayatollah Khamenei, “la famiglia è il fondamento dell'uguaglianza e della libertà, ed è il terreno della compassione e della comprensione reciproca”; la svalutazione e lo svuotamento del significato della maternità, ridotta “a una condizione vissuta come imposta da difficoltà e pressioni”.
Adolfo Morganti, co-fondatore del Corso di Alta Formazione in dialogo interreligioso e relazioni internazionali, ha descritto la lunga battaglia dell’Occidente contro la famiglia, incominciata col passaggio dal Medioevo alla modernità borghese, identificando nello scisma protestante lo sgretolamento della coesione della comunità, delineando poi le varie tappe di questa battaglia contro la famiglia nel razionalismo, nell’illuminismo, nel colonialismo, nel comunismo e nel neoliberismo.
L’Hujjat ul-Islam Abolfazl Emami Meybodi, esperto in giurisprudenza politica e relazioni internazionali, ha criticato la prospettiva aritotelico-farabica di famiglia, riassumibile nella formula: “Costruisci te stesso per poter costruire la famiglia, e costruisci la famiglia per poter costruire la società”, il che prevede pericolosamente che, se “il nostro dovere è edificare gli altri”, allora logicamente gli altri possono dedurre che “è dovere degli altri edificare noi”, come testimoniato dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’esperto propone invece di invertire la tendenza, affermando che “il governo deve essere giusto affinché la famiglia sia giusta, e la famiglia deve essere giusta affinché l'individuo sia giusto”, e che la stabilità potrà verificarsi solo con la venuta dei Salvatori promessi da Dio: Gesù e l’Imam Mahdi.
Ali Faezina, direttore del Centro culturale Imam Ali (as) di Milano, ha definito la famiglia come “un pilastro fondamentale” che “gioca un ruolo cruciale nella formazione di una società moderna e civile, così come una società etica e nel perfezionamento della comunità”, denunciando l’assenza di uno studio sociologico accurato e completo che abbia preso in considerazione tutti gli indicatori necessari e abbia riportato una valutazione chiara della situazione in Iran o in altre nazioni. Ha poi ripercorso la storia della famiglia nelle società iraniana e italiana, invitando a porre “un'attenzione particolare alla spiritualità, all'etica e all'amore tra i membri della famiglia nella società”, giacché “può essere molto utile per ridurre i danni sociali”.
Daniele Trabucco, professore di Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato e dottore di ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico, ha sviscerato il concetto di famiglia nella costituzione italiana, la quale “riconosce la famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio», ma questo riferimento alla naturalità non si traduce in un’adesione sistematica ai principi della legge naturale, come delineata dal pensiero classico”; ambiguità, questa, che ha dato il via a “un’evoluzione che si allontana dalla visione classica, in cui il matrimonio è indissolubilmente legato alla complementarità sessuale e alla procreazione”. In tal modo, la naturalità della famiglia, anziché essere un criterio normativo vincolante, è stata dunque reinterpretata in chiave sociologica, come dato storico mutevole quale generale tendenza all’aggregazione.
Nel suo intervento, Fahimeh Farhmand Pour, presidente del Consiglio per la donna e la famiglia nonché parte del Consiglio supremo per la rivoluzione culturale della Repubblica Islamica dell'Iran, ha sottolineato come “il rafforzamento della famiglia, indipendentemente dal suo rapporto diretto con gli interessi familiari, è strettamente legato agli interessi della società e, su questa base, dovrebbe essere preso in considerazione dagli ordinamenti governativi”, proponendo il ritorno al modello naturale della famiglia, approvato da tutte le religioni, come l'unica via di uscita dalla situazione di crisi attuale.
Sina Kalhor, docente universitario e consigliere del Ministro per lo sport e i giovani della Repubblica Islamica dell'Iran, ha evidenziato come la famiglia, in quasi tutte le parti del mondo, si trovi ad affrontare sfide simili, di intensità e gravità differenti: “La famiglia ha perso gran parte delle sue funzioni, rimanendo con l'unica funzione emotiva”, eppure in Iran, “rispetto ad altre strutture, la struttura familiare ha mostrato una buona resistenza e un buon funzionamento di fronte a questi cambiamenti”. Ciò grazie all’evoluzione della famiglia in una nuova forma che “riesce a raccogliere le emozioni degli altri membri e a creare un contesto emotivo per preservare la famiglia, soprattutto in condizioni di instabilità”, delineando come la famiglia abbia bisogno “di ricostruire e riprogettare la propria forza emotiva nel corso della vita”.
Andrea Zhok, professore di Filosofia Morale presso l'Università degli Studi di Milano, ha aperto il suo intervento chiarendo l’ambiguità dei termini “famiglia tradizionale”, esistendo al mondo differenti tradizioni, e “famiglia naturale”, non essendo l’istituzione famigliare un mero rispecchiamento di inclinazioni naturali. Quando l’istituzione famigliare viene fraintesa nella sua essenza, quando viene intesa come pura e semplice dimensione di “scambio fisicamente o sentimentalmente appagante”, si prepara il terreno a un triplice scacco: declina la cura per la riproduzione biologica, degenera l’interesse per la riproduzione culturale e si dissolve il fondamento delle normatività sociali (l’idea che esistano doveri di carattere pubblico e comune).
Hanieh Tarkian, docente di studi islamici, ha concluso la serie di interventi criticando la visione liberista e ultralaicista secondo cui una donna, per essere pienamente realizzata ed emancipata, deve “imitare” l’uomo anziché sviluppare le sue proprie qualità. “Uomo e donna sono diversi”, ha detto, e “nella creazione di Dio ogni cosa differisce dall’altra, ed è proprio una delle espressioni della Sua bellezza, Iddio è perfetto e la Sua creazione è perfetta. Le differenze tra uomo e donna sono proprio espressione di questa bellezza e il fatto che si possono completare a vicenda è uno dei più grandi doni divini”. Se si vuole che la donna raggiunga la sua vera realizzazione da un punto di vista umano, dunque, bisognerà aiutarla a comprendere quali siano sia le sue potenzialità come essere umano, ma soprattutto le sue potenzialità peculiari come donna.
Agli interventi ha fatto seguito un breve dibattito che ha toccato vari punti, come il ruolo dei social network e dei mass media nel disgregamento dell’istituzione famigliare, la necessità di evidenziare le funzioni della mascolinità e della femminilità, l’utilizzo di parole quali “diritti” e “libertà” per introdurre limitazioni della libertà di espressione. In conclusione, è stata ribadita l’urgenza di non limitarsi solamente a riscontrare i punti in comune tra le varie culture, ma ad impegnarsi a trovare delle soluzioni concrete ai problemi di cui si è trattato.
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